Secondo appuntamento naturista in Spa dell’autunno 2024. Associazione Naturista Abruzzese
Invito alla lettura | Nudismo, nudità e naturismo nella Storia | 3
Invito alla lettura | Nudismo, nudità e naturismo nella Storia | 3
Terza parte – Dall’epoca vittoriana ai giorni nostri
Le epoche scorrono lungo la nostra digressione storica accompagnandoci a scoprire il nudismo e la corporeità nei secoli.
Terminiamo il nostro appuntamento con la storia e con questa rubrica con gli ultimi due secoli che ci separano dal presente. Partiamo da una delle epoche più buie per il corpo e la corporeità, l’epoca vittoriana, per arrivare agli anni 2000.
Buona lettura!
L’epoca vittoriana
In epoca vittoriana, la vergogna per il corpo e la nudità furono tali che le donne iniziarono a coprirsi tutte le parti del corpo che potevano essere viste, ad eccezione dei volti. L’ordinario abito da donna consisteva in diversi strati di sottogonne che avevano l’obiettivo di impedire di mostrare anche solo il contorno della figura.
I vestiti si estendevano dal collo alla punta dei piedi e gli scialli erano indossati per impedire persino di intravedere il contorno delle spalle. Cappelli e cappucci di pizzo coprivano la testa e la nuca.
Anche in occasione di cene di gala o feste, le donne indossavano guanti con o senza dita per evitare che le mani potessero provocare sentimenti di lussuria.
Gli uomini indossavano pantaloni larghi e il galateo richiedeva, nelle occasioni formali, camicia, gilet e cappotto. Questi spesso erano realizzati a più strati sopra il resto dei vestiti.
Anche i cappelli erano molto in voga, poiché era ritenuto vergognoso tenere la testa scoperta.
La nudità era percepita come immorale e offensiva e persino i costumi da bagno dovevano coprire uomini e donne dalla testa ai piedi.
Le donne, sebbene completamente coperte, non dovevano essere viste in pubblico in costume da bagno.
All’epoca le spiagge furono separate per genere e furono utilizzate le cosiddette “macchine da bagno”.
Queste erano strutture di legno, coperte di tela e dotate di ruote, che venivano portate fin dentro il mare e consentivano alle donne di godersi il bagno.
Queste accedevano all’interno delle macchine, si sfilavano i loro abiti da strada e indossavano i costumi da bagno; a quel punto la macchina veniva trasportata in acqua, alcuni metri oltre la riva. A quel punto le donne potevano uscire da questa sorta di cabina da spiaggia mobile attraverso alcuni gradini ed erano finalmente in grado di fare il bagno, coperte alla vista della spiaggia dalla macchina stessa. Quando erano pronte a tornare a riva, utilizzando una bandierina di segnalazione, comunicavano agli addetti il messaggio e la richiesta di poter rientrare sulla terraferma. A quel punto entraravano nella macchina che di nuovo veniva sollevata e riportata a riva.
Anche il linguaggio di tutti i giorni fu adattato per soddisfare gli standard culturali vittoriani. La parola “seno” e “petto” non erano consentite, e un petto di pollo veniva semplicemente chiamato “carne bianca”.
Anche l’arte in quegli anni soffrì. Le opere di Shakespeare furono riscritte e sostituite all’originale da un suo alter ego vittoriano. Tutti i riferimenti al corpo o alla sessualità vennero rimossi. I dipinti contenenti nudi furono proibiti, a meno che non rappresentassero cherubini innocenti. Le statue di epoca greca e romana che ritraevano e celebravano con gioia il corpo umano furono modificate con foglie di fico, con un telo o addirittura mutilate.
Probabilmente il trattamento peggiore dell’epoca fu riservato alle varie culture native, abitanti in luoghi remoti, ad opera di missionari e coloni della Gran Bretagna. Senza nessun riguardo per le diverse culture, abitudini e tradizioni dei popoli africani e indiani, gli inglesi dell’era vittoriana insistettero che i nativi si conformassero alle loro richieste e indossassero abiti simili ai loro.
Non solo forzarono le loro scelte di abbigliamento su questi popoli orgogliosi, ma li punirono in caso di mancato rispetto delle loro linee guida. I nativi furono indotti alla vergogna e all’imbarazzo quando apparivano in abiti tribali o nudi.
Alcuni popoli tribali, non abituati ad utilizzare l’abbigliamento, non avevano idea di come ripararli e pertanto spesso li indossavano a brandelli e strappati.
Allo stesso modo questi non avevano alcuna capacità di produrne di nuovi e quindi continuavano a indossare gli stessi fino al completo dissolvimento del tessuto; iniziarono a non fare più il bagno per paura di danneggiare i vestiti e quindi cominciarono a presentarsi rilevanti problemi di igiene e di parassiti. In questo modo, proprio come gli europei, iniziarono a ammalarsi e a morire.
Malattie e morte dilagarono nell’Inghilterra vittoriana, e poi nelle zone dell’Africa e dell’India occupate dagli inglesi.
Come dopo qualsiasi cambiamento culturale, ci fu una forte reazione negativa all’istillazione della vergogna del proprio corpo. Thomas Carlyle, uomo istruito e sostenitore del nudismo, scrisse una tesi di laurea nella quale sfidava a ribellarsi alle norme dell’epoca. Questa dissertazione sollevò la discussione sull’argomento sia in ambito religioso che di morale pubblica.
Carlyle teorizzò che le persone sarebbero state più sane e felici se avessero abbandonato i vestiti e le abitudini vittoriane. Benjamin Franklin, in occasione di una visita ufficiale dall’America, scrisse a proposito dei benefici di salute apportati dal bagno d’aria e d’acqua. Lo stesso è stato spesso visto nuotare nudo nel Tamigi. In Svizzera, molti noti medici che stavano curando l’epidemia di tubercolosi che attanagliava l’Inghilterra e l’Europa scrissero a proposito dei benefici della luce solare e dell’aria sul corpo nudo.
Le teorie vittoriane cominciavano a mostrare evidenti crepe e la fine dell’epoca avanzava a grandi passi.
1900. Nudismo e naturismo
Con l’inizio del ventesimo secolo il nudismo divenne via via più accettabile in Europa e in America. Cominciò a farsi strada e a diffondersi un movimento chiamato “naturismo”.
Il regno della regina Vittoria era finito e la società era stanca di essere costretta a indossare un abbigliamento fatto da strati e strati di tessuto. Sebbene la Francia avesse già da tempo abbandonato lo stile vittoriano e in Svizzera stesse guadagnando consensi la pratica del nudismo salutare, il movimento naturista ebbe i suoi natali in Germania verso la fine del secolo precedente.
Jean Baptiste Luc Planchon, un belga che aveva vissuto a lungo in Francia, per primo usò la parola “naturismo”.
Jean Baptiste coniò la frase per definire un metodo per migliorare sia la qualità di vita che la salute.
Gli americani tuttora sono soliti usare le parole nudismo e naturismo in maniera intercambiabile, mentre in Europa i significati sono profondamente diversificati.
Il movimento naturista nella sua accezione originaria e purista non riguardava solo la nudità. Era uno stile di vita e una filosofia che in generale includeva il rispetto per la Terra, l’elogio della vita nella natura, l’alimentazione sana, l’astinenza da alcool e tabacco e una serie di esercizi quotidiani per il corpo e per la mente.
Oggi il termine “naturismo” conserva quasi completamente inalterati gli ideali originali del movimento, ma si è arricchito di concetti quali l’inclusione sociale, di genere, di preferenze sessuali e in generale dell’accettazione dell’altro. È usato per promuovere l’uguaglianza e rispetto per l’ambiente. Tuttavia, nudismo e naturismo possono significare cose diverse per persone diverse e, benchè la federazione Naturista Internazionale abbia deliberato una definizione ufficiale, questa non è universalmente riconosciuta.
“Il naturismo è un modo di vivere in armonia con la natura caratterizzato dalla pratica della nudità in comune che ha lo scopo di favorire il rispetto di se stessi, il rispetto degli altri e quello dell’ambiente”
Il naturismo nel secondo dopoguerra
Nel secondo dopoguerra il naturismo riprese vigore. I territori dove vide il suo maggior sviluppo fu la Germania, la Francia e successivamente la Jugoslavia.
La Germania, dopo le disgrazie della guerra, fu la prima ad assistere ad una rinascita del nudismo e del naturismo. In un Paese così bombardato e distrutto la gente desiderava ardentemente tornare verso il pacifismo e promuovere nuovamente l’unione con la natura.
Con la Germania divisa in due Stati, il nudismo veniva praticato su entrambi i lati del muro di Berlino, anche se un po ‘diversamente. A Berlino Est e nella Germania orientale, alla gente era permesso praticare il nudismo, ma solo nelle spiaggie libere e nei aree riservate al nudismo.
I club e le associazioni che i naturisti avevano creato prima della guerra furono banditi dal governo della Germania dell’Est per timore che potessero diventare occasioni di sedizione e sovversività.
La Germania occidentale non aveva invece queste restrizioni e a tutti fu permesso di tornare a divertirsi in spiagge, parchi e club. Nel frattempo cominciarono a giungere visitatori da altri Paesi, che avevano la possibilità di provare il nudismo e il naturismo; in tal modo l’idea iniziò a crescere e diffondersi nuovamente in Europa.
Anche alcuni Paesi del Mediterraneo, desiderosi di attirare i turisti tedeschi abbracciarono l’idea di riservare aree a questa pratica.
In Francia, spiagge per nudisti e resort iniziarono a diffondersi sempre più e in breve i francesi divennero i maggiori frequentatori di aree nudiste al di fuori della Germania.
In effetti i francesi, proprio come i tedeschi, nel tentativo di sbarazzarsi dell’orrore della guerra, furono pronti a riaprire le loro spiagge e i loro campeggi naturisti.
A differenza della Germania, la Francia non soffrì restrizioni dopo la guerra e così i loro club e le organizzazioni naturiste crebbero senza restrizioni e con vigore.
Nel 1944, Albert e Christine Lecocq, due membri molto attivi di diversi club naturisti, ebbero forti disaccordi con i proprietari di molte strutture commerciali naturiste a proposito di quali fossero i principi di base del movimento. In seguito alla rottura, fondarono una propria istituzione con il compito di incentivare il naturismo chiamato “Club du Soleil”. In breve questo divenne il club naturista più popolare in Europa.
Durante il periodo 1944-1946, aprirono oltre 84 club in diverse città europee. Dal 1944 al 1975 furono determinanti per la promozione del movimento nudista in Francia e in Europa.
Il loro lavoro incluse anche la fondazione di una rivista dedicata al naturismo e la nascita della FFN, la Federazione Naturista Francese.
Questo impulso portò alla nascita della Federazione Naturista Internazionale, INF-FNI.
Inoltre collaborarono all’apertura del più grande centro turistico naturista del mondo e riuscirono a veder riconosciuto che la FFN e la INF-FNI fossero riconosciute come movimento giovanile e turistico ufficiale.
Alla fine del secolo, la Francia aveva oltre 200 club naturisti, 100 centri vacanze, molte spiagge per nudisti, ufficiali e non. Il nudismo in Francia è tuttora uno dei movimenti più popolari ed incentivato anche dal Ministero del Turismo francese.
Uno sguardo all’Italia
L’Italia non ha mai rivestito un ruolo di primo piano nel nudismo e nel naturismo. Fino al secondo dopoguerra si trattò di un fenomeno praticamente sconosciuto, anche a causa di una morale pubblica particolarmente repressiva nei confronti della corporeità e della sua erronea confusione con la sessualità.
In Italia le prime notizie di attività naturista si possono rilevare, secondo le testimonianze di Bruno Zuculin (console italiano in Brasile nella prima metà del Novecento), dagli anni cinquanta sull’Isola di Ponza e sulle spiagge di Focene, in provincia di Roma. Si trattava di un fenomeno nascosto e condannato, di pochi iniziati, per lo più iscritti alle associazioni estere o alla Federazione Naturista Internazionale.
Solo nel 1964 nasce l’Unione naturisti italiani (U.N.I.) e nel 1966 l’Associazione Naturista Italiana (A.N.ITA.), a cui seguono nel 1972 la Federazione Naturista Italiana (FENAIT).
Negli anni successivi il naturismo comincia a crescere esclusivamente in alcuni campi privati, nelle prime esperienze commerciali, soprattutto in Piemonte e in Romagna. Anche la zona del Friuli Venezia Giulia, grazie alla vicinanza geografica e culturale con la Jugoslavia, sperimenta le prime timide spiagge naturiste.
Nel frattempo la morale pubblica comincia a divenire più permissiva e solo negli anni ’80 il topless in spiaggia viene dichiarato legale, ma per sdoganare anche il nudo bisognerà attendere fino al 2000 quando la Corte di Cassazione con le sentenze n. 3557/2000 e 1765/2000 depenalizza di fatto il nudismo, sebbene limitandolo a luoghi e circostanze specifiche. Tuttavia la strada era aperta e da quella data le condanne per la pratica del naturismo sono praticamente scomparse.
Proprio da quel momento è iniziato lo sviluppo del movimento attraverso la creazione di spiagge dedicate e alcune strutture commerciali in grado di accogliere i sempre più turisti appassionati di naturismo.
C’è comunque da ribadire che nonostante la sostanziale accettazione sociale del fenomeno, ancor’oggi in Italia, benchè si stimi che i praticanti naturisti e nudisti siano circa 500.000, non esiste una legge che regolamenti il fenomeno; a partire dagli anni ’90 praticamente ogni legislatura ha visto depositate delle proposte di legge per regolamentarlo, ma le stesse, a causa di disinteresse o aperta ostilità di alcune forze politiche, civili o religiose, non sono state approvate.
L’Italia ancora aspetta.
Neo-nudismo e neo-naturismo nel XXI secolo
L’orizzonte sembra più sgombro di nubi negli ultimi decenni, anche se non mancano occasioni di riflessioni sulle emergenti criticità. L’Europa e l’America sembrano tutto sommato più a loro agio con la nudità, grazie anche ai media che l’hanno in gran parte accettata. Non è raro assistere, ad esempio, a gruppi di anziani, casalinghe o vigili del fuoco che vendono i loro calendari di nudo per finanziare le raccolte fondi a scopi benefici.
Le maggiori opportunità di viaggio e di appuntamenti a tema naturista, offerti anche da agenzie turistiche e di viaggio rendono più facile che mai incontrare persone con la stessa passione e concedono possibilità di condivisione che fino a qualche decennio fa potevamo solo sognare.
Grazie a Internet, i gruppi e le associazioni naturiste possono facilmente raggiungere molte più persone, comunicare ed educare correttamente a proposito del loro stile di vita sano, ed evitare che lo stesso venga confuso con i preconcetti che per decenni hanno accompagnato la nudità.
Corsi di ginnastica e yoga, lezioni di pilates e serate alla spa si sono diffusi in entrambi i continenti e godono di crescente popolarità. Ancora resistono alcuni rustici campi nudisti, ma è molto più facile cercare e trovare resort di lusso riservati a nudisti.
Per finire sembra che, almeno in Europa e in America, la gente sia più a proprio agio con la nudità sociale o perlomeno è disposta ad accettare che altri la pratichino. Il timore che tali comportamenti fossero all’origine di “peccato” inteso in senso religioso e di depravazione è stato in realtà sostituito dall’angoscia e dalla preoccupazione per come si appare, per l’aspetto e per i propri difetti fisici. Certo, tale deriva non rappresenta una soluzione al precedente fraintendimento e sposta il problema dal pubblico al privato, senza cancellarlo. E’ da rilevare come tale forma di inquietudine colpisca principalmente i giovani e le donne e questo spiega il problema a cui si faceva riferimento in apertura di capitolo, cioè alla tendenza all’innalzamento dell’età media dei naturisti, complice anche il generale invecchiamento della popolazione di questi continenti.
In conclusione, abbiamo ancora molta strada da fare prima di godere della piena libertà del corpo e della nudità, ma è anche giusto riconoscere che tanta ne è stata percorsa.
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